In cima alla lista delle parole che non sopporto c'è il verbo implementare.
Il dizionario Garzanti propone:
v. tr. [io impleménto ecc.] (inform.) mettere a punto; in particolare, realizzare un programma o un circuito elettronico a partire da una serie di operazioni logiche e matematiche (algoritmi).
La parola è una delle tante che hanno compiuto il viaggio di andata e ritorno:
latino-inglese-italiano.
In latino, il verbo "implìre" significa riempire, condurre a termine. In inglese, "implement" può essere un nome (attrezzo, utensile) o un verbo (mettere in pratica, rendere effettivo).
Intendiamoci: a parte la bruttezza della parola, non ho nulla contro i neologismi; anzi, quasi mi commuovo quando riconosco quelli che una volta lo sono stati e oggi non lo sono più. Chi si ricorda che bistecca (dall’inglese beefsteak) e stoccafisso (dall’olandese stokvisch 'pesce a bastone') sono stati a loro tempo dei neologismi?
"Implementare" proviene dal mondo dell’informatica, più precisamente dalla programmazione ad oggetti ma, per motivi misteriosi, come il seme di una mala pianta, si è rapidamente diffusa.
Nell’uso comune, il vocabolo ha assunto una spaventevole estensione semantica. Si implementa qualsiasi cosa: soluzioni, risposte, hardware, carichi di lavoro, strategie…
Naturalmente un simile vocabolo, con sapore tecnologico-innovativo e significato indefinibile, è una risorsa straordinaria per la redazione di discorsi politici: chi vuole divertirsi può lanciare su Google una ricerca implementare ministro e godersi una collezione di perle meravigliose totalmente bipartisan.
L'uso di sinonimi (chiamare la stessa cosa con nomi diversi) e di omonimi (chiamare cose diverse con lo stesso nome) è spesso fonte di malintesi: non si deve dimenticare che la radice etimologica del termine "equivoco" sta proprio nel concetto di omonimia.
La scienza dell’informazione, dovrebbe considerare con sospetto i concetti ambigui e, se possibile, evitarne l'uso o chiarire preliminarmente i significati.
Allora, per favore: abroghiamo o almeno limitiamo l’uso della parola incriminata. I nostri discorsi perderanno forse un po’ la loro aura di sapienza, ma ne guadagneranno in univocità e perspicuità.
Il dizionario Garzanti propone:
v. tr. [io impleménto ecc.] (inform.) mettere a punto; in particolare, realizzare un programma o un circuito elettronico a partire da una serie di operazioni logiche e matematiche (algoritmi).
La parola è una delle tante che hanno compiuto il viaggio di andata e ritorno:
latino-inglese-italiano.
In latino, il verbo "implìre" significa riempire, condurre a termine.
In inglese, "implement" può essere un nome (attrezzo, utensile) o un verbo (mettere in pratica, rendere effettivo).
Intendiamoci: a parte la bruttezza della parola, non ho nulla contro i neologismi; anzi, quasi mi commuovo quando riconosco quelli che una volta lo sono stati e oggi non lo sono più. Chi si ricorda che bistecca (dall’inglese beefsteak) e stoccafisso (dall’olandese stokvisch 'pesce a bastone') sono stati a loro tempo dei neologismi?
"Implementare" proviene dal mondo dell’informatica, più precisamente dalla programmazione ad oggetti ma, per motivi misteriosi, come il seme di una mala pianta, si è rapidamente diffusa.
Nell’uso comune, il vocabolo ha assunto una spaventevole estensione semantica. Si implementa qualsiasi cosa: soluzioni, risposte, hardware, carichi di lavoro, strategie…
Naturalmente un simile vocabolo, con sapore tecnologico-innovativo e significato indefinibile, è una risorsa straordinaria per la redazione di discorsi politici: chi vuole divertirsi può lanciare su Google una ricerca implementare ministro e godersi una collezione di perle meravigliose totalmente bipartisan.
L'uso di sinonimi (chiamare la stessa cosa con nomi diversi) e di omonimi (chiamare cose diverse con lo stesso nome) è spesso fonte di malintesi: non si deve dimenticare che la radice etimologica del termine "equivoco" sta proprio nel concetto di omonimia.
La scienza dell’informazione, dovrebbe considerare con sospetto i concetti ambigui e, se possibile, evitarne l'uso o chiarire preliminarmente i significati.
Allora, per favore: abroghiamo o almeno limitiamo l’uso della parola incriminata. I nostri discorsi perderanno forse un po’ la loro aura di sapienza, ma ne guadagneranno in univocità e perspicuità.